Colombia - Accordi di Pace

27/07/2016


Colombia: il giorno della pace definitiva?


Giovedì, 23 Giugno 2016

 

BOGOTÀ - “#ElÚltimoDíadelaGuerra" (L’ultimo giorno del conflitto) è l’hashtag che viaggia nelle reti telematiche della Colombia, a Bogotà dove tutta la gente che trovi per strada indossa la maglietta gialla della nazionale e si preoccupa di fare scommesse sulla partita di calcio della sera con il Cile nella Coppa delle Americhe, che si sta giocando negli States.

Paradossale questo 22 giugno 2016 in un paese che sta cercando di uscire da oltre 60 anni di guerra civile, con la guerriglia più antica del mondo che la rende un autentico “dinosauro” che crede ancora nella lotta armata nel secolo XXI malgrado l’avesse sconfessata anche una figura storica come Fidel Castro.

La radio RCN sveglia all’alba con la notizia che domani (24 giugno) il Presidente della Repubblica firmerà all’Avana gli accordi di pace con le FARC Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia insieme al Segretario generale dell’ONU e 5 Presidenti dell’America Latina.

Sono ancora vive le ferite lasciate dai massacri commessi dai paramilitari nel decennio scorso grazie anche al potere criminale di Salvatore Mancuso, costruito con il sangue delle motoseghe (oggetto di tortura) e il business del narcotraffico con la ndrangheta calabrese, dagli abusi dell’esercito sulla popolazione civile, dalla brutalità della guerriglia che ha utilizzato migliaia di baby soldato e baby schiave sessuali come arma da guerra.

Continua ad essere violento il contrasto tra le campagne e i quartieri di classe media e alta della capitale Bogotá, dove la guerra si vede solo in tv. In Colombia il 20% della ricchezza è in mano all’1% della popolazione, e il 30,6% della sua popolazione vive sotto la soglia di povertà, bacino ideale di reclutamento per le organizzazioni criminali che, malgrado siano diminuiti i livelli di violenza rispetto agli anni ‘90, continuano a controllare buona parte del territorio, soprattutto nelle periferie urbane.

Stupisce la tempestività della decisione di firmare la pace da parte del Presidente Santos che pochi giorni fa, il 16 giugno, aveva annunciato che in Colombia le Forze Armate Rivoluzionarie (Farc) potrebbero riprendere i combattimenti se i negoziati di pace con il governo di Bogotà fallissero: a mettere in guardia dal pericolo è il presidente. L’accordo dovrà essere approvato dai cittadini con un referendum malgrado la forte opposizione dell’exPresidente Uribe, leader del Centro Democratico.

“Se il risultato del referendum sarà no, non si ci saranno nuovi colloqui di pace per avere un accordo migliore. Se il risultato sarà no, si tornerà in guerra”, ha spiegato Juan Manuel Santos nel corso del Forum Economico mondiale nella città colombiana di Medellin.

I colloqui di pace sono in corso da oltre tre anni all’Avana, Cuba. Il presidente Juan Manuel Santos e i leader delle Forze armate rivoluzionarie colombiane (Farc) sembrano a un passo dalla storica intesa per mettere fine a una guerra che va avanti da oltre mezzo secolo e che ha fatto oltre 260mila morti.

Il reinserimento sociale degli ex guerriglieri è una delle questioni chiave della Colombia post-conflitto, un paese che mantiene fresco il ricordo del fallimento della desmobilizzazione dei gruppi paramilitari con la legge “Justicia y Paz”, iniziata nel 2005 e denunciata dal Parlamento Europeo perché promuoveva impunità; purtroppo molti dei 31.000 paramilitari falsamente smobilizzati si sono riarmati e riuniti sotto il nome di Bandas Criminales (BaCrim).

Come a seguito dell’insuccesso degli accordi di pace del 2002, quando i combattenti delle Farc vennero integrati nella vita politica all’interno del partito Unión Patriotica (UP). I suoi dirigenti e militanti vennero massacrati dalle milizie paramilitari e dall’esercito, e gli ex guerriglieri ripresero in mano le armi.

Ne sa qualcosa Ivan Cepeda, portavoce del movimento di vittime di crimini di stato MOVICE e attualmente senatore di sinistra, a cui hanno assassinato il padre, leader del partito Unión Patriotica a cui anche lo Stato ha dovuto chiedere scusa in ottemperanza a una condanna della Corte Interamericana dei Diritti Umani CIDH di Washington.

Nelle prime settimane di giugno 2016 il movimento popolare colombiano si è mobilitato in tutto il paese attraverso la “Minga” (lavoro comunitario in lingua autoctona quechua dei popoli indigeni) che, con lo slogan “Piantare Speranza, mietere Paese” ha mobilitato oltre 200.000 persone raggruppate nella coalizione di organizzazioni sociali: “Vertice Agrario Contadino, Etnico e Popolare”. La polizia e i reparti speciali antisommossa ESMAD hanno ucciso 3 indigeni e ferito 136 persone, senza contare le centinaia di arresti e gravi minacce di morte contro i difensori dei Diritti Umani e sindacali. L’ultimo della triste lista è Miguel Angel Barbosa Vanegas, studente di 19 anni dell’Università “Districtal Jose de Caldas” di Bogotà ucciso dall’ESMAD (come sostiene il quotidiano EL Espectador) durante el paro (lo sciopero) degli studenti che protestano perché il Sindaco neoliberal della capitale Enrique Peñalosa ha deciso di privatizzare l’impresa elettrica ETB che finanziava l’università pubblica Districtal.

Presso il Centro della Memoria storica il Senatore Ivan Cepeda ha affermato che l'annuncio per il prossimo Giovedi 23 giugno va considerato "storico per la Colombia"; perché è un evento che, dopo più di mezzo secolo di guerra e più tentativi non riusciti, terminerà definitivamente il conflitto tra il governo e il gruppo guerrigliero. Il senatore ha detto che l'annuncio includerà tre temi: il cessate il fuoco, la resa delle armi e delle zone di guerriglia di concentrazione. In primo luogo, per quanto riguarda il cessate il fuoco, Cepeda ha detto che la fine delle ostilità sarà bilaterale e definitiva. Secondo il leader delle vittime Ivan Cepeda “una missione di verifica sarà installato in una data successiva al annuncio con il sostegno delle Nazioni Unite, è un fatto che segnerà la fine di tutte le attività militari tra le parti. In questo modo non ci saranno mai più vittime, morti, orfani, desplazados (rifugiati), desaparecidos (scomparsi), neanche bambini soldato per colpa della guerra”.


Cristiano Morsolin,esperto di diritti umani in America Latina dove vi risiede dal 2001.
Per leggere l'articolo originale, clicca sul link:
http://www.unimondo.org/Notizie/Colombia-il-giorno-della-pace-definitiva-158398


Vi invitiamo a leggere l'interessante intervista di C. Morsolin a Sandro Calvani, docente di relazioni Internazionali e
politiche di risoluzione dei conflitti e degli aiuti umanitari
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